lunedì 24 gennaio 2011

Pinko tra estero e industrializzazione creativa

Pinko, brand che si basa su un concetto di sviluppo simile a quello di Wikipedia, guarda sempre più oltre confine. E se da un lato punta il suo mirino sulla crescita del business (+8% nell'anno in corso) nei mercati esteri, Europa in primis, dall'altro apre le porte ai giovani talenti guidandoli verso una industrializzazione creativa
Mentre si appresta ad archiviare un 2010 in crescita di circa l'8% su un 2009 chiuso a quota 148 milioni di euro Pinko guarda sempre più oltre confine per spingere lo sviluppo futuro. E se l'anno in corso si chiude con l'inaugurazione di una boutique a Varsavia di 100 metri quadrati all'interno del noto centro commerciale Galeria Mokotov, nell'arco del 2011 sono già in scaletta 10 nuovi opening che puntano su una crescita spontanea nei vari mercati e non su uno specifico progetto paese. "Il nostro primo obiettivo è indiscutibilmente quello di sviluppare il business sul mercato europeo che è e rimane un mercato di grandissima importanza - spiega Pietro Negra, presidente fondatore insieme a Cristina Rubini del brand, a Modaonline -. Siamo molto soddisfatti dei risultati che stiamo ottenendo in Francia, UK e Paesi Bassi, aree in cui siamo presenti con filiali, ma anche della ripresa del mercato russo e della risposta positiva da parte di quello cinese che mette a segno incrementi tra il 50 ed il 60%". Un piano articolato, quindi, che vede il brand puntare in maniera sempre più decisa sulla strategia di sviluppo del network di negozi monomarca visto dall'azienda come il metodo più efficace sia per penetrare nuovi mercati che per consolidare la presenza in quelli in cui è già storicamente presente. "Attualmente posiamo contare su una rete di 110 boutique monomarca (di cui circa il 50% all'estero) a cui è affiancata una distribuzione in 800 negozi multibrand di fascia alta. Le nostre collezioni forniscono ai nostri clienti ottimi risultati sia di sell-in che di sell-out e ciò ci permette di non dover puntare ad un allargamento della distribuzione, ma piuttosto, ad una maggior penetrazione all'interno di realtà in cui siamo già presenti". Ma se lo sviluppo del retail è uno degli assi portanti del successo del brand l'evoluzione del prodotto non è da meno. "In questa fase puntiamo a dare sempre maggior valore al brand. Per noi la notorietà è indiscutibilmente molto importante ma in assoluto vale molto di più il valore, motivo per il quale siamo molto freddi riguardo le licenze. Crediamo, infatti, che le licenze, se fatte con partner di cui non si è convinti al 100%, siano dei pesi da tirarsi dietro. Per quanto ci concerne siamo molto soddisfatti della nostra partnership con Altana relativa allo sviluppo della linea bambina che vale oggi 8/10 milioni di euro e sinceramente non abbiamo fretta di spingerne altre. Crediamo che, oggi, si possano portare avanti operazioni diverse come quella che abbiamo recentemente presentato durante l'ultima fashion week milanese relativa allo sviluppo di una capsule collection di 50 pezzi affidata alla creatività di un giovane talento del calibro di Mark Fast (foto). Un connubio perfetto tra creatività straordinaria e capi accessibili e facilmente indossabili che verrà distribuita da Brera Moda in un centinaio di cult shop di tutto il mondo". Una nuova sfida, quindi, che se da un lato punta sull'estro creativo dall'altro affonda le sue radici in un'azienda dalla forte connotazione industriale. "L'esperienza che abbiamo fatto con Mark, con cui abbiamo siglato un accordo di due stagioni, è stata qualcosa di fantastico che ci ha coinvolti pienamente. Siamo più che soddisfatti del risultato ottenuto che, seppur realizzato all'interno di una filiera produttiva che sa e deve razionalizzare non ha tolto nulla alla creatività del prodotto". Un progetto che va ben al di là della mera collezione capace di mettere in luce la filosofia di un'azienda che mira a proporre uno shopping divertente e senza senso di colpa. "L'impostazione della nostra azienda, che non ruota attorno ad un'unica mente creativa, ci permette di poter sperimentare molto di più. Il nostro modello è quello di Wikipedia che ci spinge ad aprirci con passione e disponibilità verso l'esterno riuscendo, così, a rinnovare continuamente le proposte che offriamo al mercato".
Cristina Mello-Grand

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